La pratica bioenergetica è nata negli anni ’70 dall’esperienza del medico e psicoterapeuta americano Alexander Lowen come complemento alla psicoterapia e successivamente si è diffusa come strumento indipendente per favorire la riduzione dello stress e coltivare la consapevolezza di sé.

La bioenergetica si fonda sul concetto di “identità funzionale fra mente e corpo”: vale a dire che quanto avviene nella mente si riflette nel corpo e viceversa.

Alla nascita il corpo è libero da tensioni: se osserviamo un neonato mentre dorme possiamo notare che tutto il corpo partecipa al movimento del respiro, come se fosse attraversato da onde, è fluido e morbido; crescendo il bambino perde questa fluidità soprattutto a causa delle tensioni che si creano nel suo corpo in seguito all’interazione con chi si prende cura di lui; se ad esempio i genitori non accolgono il suo pianto perché non possono o perché hanno paura di viziarlo, il bambino tende via via a ridurlo fino ad interromperlo del tutto; per ridurre il pianto e il dolore il bambino si abitua a bloccare la respirazione, creando tensioni nella gola, nel petto e nel diaframma; questo accade perché le emozioni sono accompagnate da flussi di energia che scorrono nel corpo; se l’espressione dell’emozione viene inibita, il flusso si blocca creando contrazione; le contrazioni trattengono e congelano l’emozione inibita così che non è possibile né sentirla, né esprimerla.

Nei laboratori di pratica bioenergetica, gruppi di persone seguono le istruzioni di un conduttore qualificato che attraverso il movimento, il sentire, l’espressione e il respiro, gradualmente li porta ad imparare a sciogliere le tensioni, diventando via via più consapevoli del proprio corpo e dei propri vissuti; in genere al termine di un laboratorio di pratica bioenergetica ci si sente più calmi e allo stesso tempo più vitali, più presenti e consapevoli di sé.

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